Recensione | Le rappresentazioni della Disabilità nella musica moderna

L’emergere della disabilità come settore di ricerca all’interno delle scienze umane segue un percorso che, in precedenza, è stato tracciato dagli studi di genere, razza ed etnia. “Le rappresentazioni della disabilità nella musica moderna” di Joseph Straus, professore presso la City University of New York e autore di numerosi studi analitici sulla musica e sulla disabilità come pratica culturale, si colloca nel volume The Oxford Handbook of Music and Disability Studies curato da Blake Howe, Stephanie Jensen‐Moulton, Neil Lerner e Joseph Straus che offrono una raccolta delle intenzioni più recenti, da parte degli studiosi delle discipline umanistiche e musicali, di prendere in considerazione la teoria e le strutture proposte dai Disability Studies.

L’attenzione di Straus si concentra sul desiderio da parte degli artisti moderni di rappresentare le deformità, le trasfigurazioni, l’alterazione del corpo umano, insieme alla volontà di portare l’attenzione del pubblico sugli effetti della guerra, come i traumi indotti, le lesioni subite e l’alienazione psicologica.

La storia della disabilità, secondo l’autore, combacia con una visione antitetica del desiderio standardizzato in cui, nell’arte del periodo premoderno, le persone con disabilità erano spesso rappresentate in modo negativo, confinate a ruoli ristretti e stigmatizzanti, o comunque con funzioni di supporto alle figure centrali.

La rappresentazione della disabilità era tradizionalmente sottomessa alla rappresentazione di un modello che nel tempo si è imposto come dominante. Nel Novecento, questa visione incompleta e compromessa della disabilità è stata affiancata nel cinema e nei media ai concetti di norma e di normalità.

Un’idea estetica di bellezza in continuo mutamento

Secondo l’autore, l’attenzione degli artisti moderni ha riportato il corpo disabilitato al centro dell’opera,non più come fenomeno, ma come rappresentazione di un’idea estetica di bellezza in continuo mutamento. Prendendo in esame la concezione estetica del periodo moderno, l’autore sposta il focus verso una rimodulazione dell’opera d’arte, in cui la disabilità riveste una funzione centrale e il corpo disabilitato passa da ruolo marginale e secondario a protagonista del processo di cambiamento e ampliamento dei canoni estetici.

Dalle raffigurazioni scioccanti di Otto Dix, che ritrae i corpi sfigurati e menomati dalla guerra, ai ritratti di Pablo Picasso con i volti asimmetrici, fino agli esempi dell’espressionismo viennese di Schiele, la disabilità viene accolta come tratto distintivo dell’arte moderna e con essa vengono necessariamente riformulate le definizioni di armonia, bellezza, interezza.

L’estetica della disabilità, ad ogni modo,non ha lo scopo di abbellire o normalizzare il corpo per adeguarlo alla comune idea d’integrità e bellezza, al contrario, vuole ampliarne i concetti, in alcuni casi sovvertirli radicalmente e sconvolgerne la nozione tradizionale.

Igor Stravinskij è diretto protagonista di questo processo in musica: dalla frammentazione del tempo musicale, alla ridefinizione delle simmetrie e asimmetrie ritmiche, ciò che accomuna la musica di Stravinskij alla concezione dei Disability Studies è la capacità di apporre una resistenza allo sviluppo armonico delle sue composizioni, con il risultato di opporsi alla naturale progressione lineare. I compositori moderni si distinguono per la tendenza ad accumulare dissonanze, per le proposte dai contenuti spesso infantili, semplici o per la deliberata semplificazione del materiale musicale, caratteristiche che Straus attribuisce metaforicamente al corpo umano.

L’analisi dell’autore non si limita agli attributi formali o strutturali: egli prova a definire una funzione semantica della musica moderna, che per certi versi contiene aspetti infantili se comparati con la complessità contrappuntistica del periodo classico e romantico.  Il contenuto di ogni frammento musicale di Stravinskij è poi stato percepito dalla critica come paralizzante, per dirla con le parole del suo tempo:

«Un’eterogeneità che si oppone al corpo musicale tradizionale, che muove lungo un obiettivo chiaro, in cui la musica fluisce seguendo una progressione lineare, mostrandoci tutta la bellezza dell’eternità della vita […]; è auspicabile che la progressione armonica incontri degli ostacoli, purché le deviazioni aggiungano interesse al percorso, ma se gli ostacoli divengono dominanti, la progressione lineare cessa di esistere e la musicasi paralizza».

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